IL LUNGO DOCUMENTO EUROPEO CHE CI MASSACRA
Ma nel
corso delle trattative notturne è saltata la parte più
pesante della pagella: la bocciatura della richiesta
italiana di poter rimandare di un anno il pareggio di
bilancio strutturale. Nel testo iniziale veniva respinta "a
causa del rischio di non conformarsi con gli obiettivi di
riduzione del debito". In compenso Bruxelles detta a Renzi
una minuziosa agenda in otto punti: dal rafforzamento delle
misure di bilancio al trasferimento del carico fiscale dal
lavoro ai consumi. Passando per il potenziamento delle
misure anticorruzione, il riequilibrio della spesa sociale e
la rimozione degli ostacoli alla concorrenza.
Lo schiaffo vero, quello
che Matteo Renzi temeva e che nei giorni
scorsi – al di là dell’ostentata tranquillità – lo ha fatto
stare sulla graticola, è stato evitato per un pelo. Perché,
all’ultimo minuto, dalle nove pagine di testo che contengono
le attese “raccomandazioni” di Bruxelles all’Italia è stata
eliminata la parte più scottante: quella che bocciava la
richiesta italiana di uno slittamento di un anno
– dal 2015 al 2016 – del pareggio strutturale di
bilancio. E la cui immediata conseguenza sarebbe
stata la necessità di una manovra di rientro.
Salvi in extremis, dunque? Si fa per dire: quel che rimane,
anche al netto della “sbianchettatura” finale, è tutt’altro
che una bella pagella. Il giudizio (leggi
qui il documento) sulle diverse parti del
Documento di economia e finanza (Def)
inviato alle istituzioni Ue a fine aprile non è per nulla
tenero e anche se la parola manovra non c’è, il concetto è
piuttosto chiaro: “Servono sforzi
aggiuntivi, anche
nel 2014, per rispettare i requisiti del Patto di stabilità
e crescita”. E la ”deviazione dal percorso di aggiustamento
verso l’obiettivo a medio termine”, su cui per ora la Ue ha
deciso di chiudere un occhio,
“se si ripetesse l’anno successivo potrebbe essere valutata
come significativa”. Per di più lo scenario
macroeconomico su cui il governo si è basato per disegnare
le proprie proiezioni di bilancio è “leggermente
ottimistico”
e il
raggiungimento degli obiettivi “non è totalmente suffragato
da misure
sufficientemente dettagliate“.
Segue una
dettagliata agenda in otto punti, in
qualche caso accompagnati anche dall’orizzonte temporale
considerato ottimale. Oltre a prescrivere il rafforzamento
delle misure di bilancio, il documento invita Palazzo Chigi
a muoversi rapidamente sul fronte dell’efficienza della
pubblica amministrazione e della buona gestione dei
fondi europei, a rafforzare il settore bancario e a
usare in modo diverso gli ammortizzatori sociali
puntando all’effettivo reinserimento dei lavoratori. Non
solo: nel mirino di Bruxelles finiscono anche la qualità del
sistema scolastico con le sue ricadute sul capitale umano,
la corruzione, la giustizia civile,
la ripartizione della spesa sociale, gli
ostacoli alla concorrenza che ancora ingessano molti settori
e l’efficienza degli appalti pubblici.
PERICOLO SCAMPATO. SOLO FORMALMENTE -
“L’esenzione richiesta dall’Italia di
deviare dal percorso verso gli obiettivi di medio termine non
può essere concessa a causa del rischio di non
conformarsi con gli obiettivi di riduzione del debito”.
Suonava così, stando a una bozza, la frase incriminata che
avrebbe inchiodato il governo agli impegni presi con
Bruxelles sul fronte del pareggio strutturale di bilancio.
Pareggio che Renzi e il ministro dell’Economia Pier
Carlo Padoan hanno deciso di rinviare al 2016,
scrivendo nel Def che si tratta di una “deviazione
temporanea” e
invocando le “circostanze eccezionali” previste dai
regolamenti europei. Quel paragrafo, nel corso della
notte tra domenica e lunedì o forse addirittura durante
l’ultima riunione di lunedì mattina, è stato espunto dal
testo finale. Pericolo scampato. Anche se la realtà dei
fatti resta quella: “Le previsioni di primavera 2014 della
Commissione”, scrive il Consiglio al punto 9 delle sue
considerazioni preliminari, “indicano una non
conformità con il parametro di riferimento della
riduzione del debito nel 2014 poiché
l’aggiustamento strutturale prospettato (soltanto 0,1 punti
percentuali del Pil) è inferiore all’aggiustamento
strutturale richiesto di 0,7 punti percentuali”. Il
quotidiano La Stampa ha fatto i conti stimando in
9 miliardi lo sforzo aggiuntivo che sarebbe stato
richiesto per correggere la deviazione dall’obiettivo. Al
governo, però, non viene imposto di rientrare subito.
DEBITO
SOTTO OSSERVAZIONE - In
compenso vanno rispettati – e su questo non ci sarà
flessibilità – altri paletti per nulla trascurabili: oltre a
provvedere per il 2015, l‘Italia già quest’anno deve
adottare provvedimenti per “rafforzare
le misure di bilancio alla
luce dell’emergere di uno scarto rispetto ai requisiti del
patto di stabilità e crescita, in particolare alla regola
della riduzione del debito”. Debito che in aprile ha toccato
il 135,2% del Pil, già due punti sopra quello che in base al
Def dovrebbe essere il livello medio per quest’anno.
SPENDING REVIEW, MA CON CRITERIO -
Per Bruxelles, l’Italia nell’immediato dovrà “portare a
compimento l’ambizioso piano di privatizzazioni”
e “attuare un aggiustamento di bilancio favorevole alla
crescita”, cioè basato non su nuove tasse ma sulla
riduzione delle uscite grazie a “un miglioramento
duraturo dell’efficienza e della qualità della spesa
pubblica a tutti i livelli di governo”. Preservando però la
spesa “atta a promuovere la crescita”, ossia quella “in
ricerca e sviluppo, innovazione,
istruzione e progetti di infrastrutture essenziali“.
Sempre in vista del rispetto dei parametri di bilancio,
vanno garantite “l’indipendenza e la piena operabilità dell’Ufficio
parlamentare di bilancio“, l’organismo
indipendente incaricato di vigilare sul pareggio di bilancio
introdotto in Costituzione che le Camere sono riuscite a
eleggere solo a maggio dopo quattro mesi di tira e molla.
Adesso basta ritardi, chiede in pratica il Consiglio Ue:
l’ufficio deve essere operativo “il prima possibile” e
comunque “entro settembre 2014, in tempo
per la valutazione del documento programmatico di bilancio
2015″.
TASSARE
DI PIU’ I CONSUMI E MENO IL LAVORO -
Il giudizio sul bonus fiscale di 80 euro è
di parziale sufficienza. Il fatto è che va garantito anche
per il 2015 e da comunque da solo non basta: occorre
“trasferire ulteriormente il carico fiscale
dai fattori produttivi ai consumi, ai beni immobili e
all’ambiente, nel rispetto degli obiettivi di bilancio” e
“valutare l’efficacia della recente riduzione del
cuneo fiscale assicurandone il finanziamento per il
2015″. Seguono altre prescrizioni: la delega fiscale
va attuata “entro il marzo 2015″, approvando anche i decreti
che riformano il sistema catastale per
garantire l’equità e “l’efficacia della riforma sulla
tassazione dei beni immobili“, “sviluppare
ulteriormente il rispetto degli obblighi tributari,
rafforzando la prevedibilità del fisco, semplificando le
procedure, migliorando il recupero dei debiti fiscali e
modernizzando l’amministrazione fiscale”, “perseverare nella
lotta all’evasione fiscale e adottare misure aggiuntive per
contrastare l’economia sommersa e il lavoro irregolare”. Più
nel dettaglio servono poi misure sulle agevolazioni
fiscali dirette (la cui portata deve essere
“riesaminata”), sulla base imponibile (che va appunto
“allargata”, soprattutto sui consumi) e sulle accise sui
carburanti, in particolare l’”adeguamento delle
accise sul diesel a quelle sulla benzina” e
l’eliminazione delle “sovvenzioni dannose per
l’ambiente“.
CORRUZIONE, PRESCRIZIONE E L’EFFICIENZA DELLA GIUSTIZIA
CIVILE - La terza
raccomandazione riguarda l’efficienza della pubblica
amministrazione: al governo viene chiesto innanzitutto di
“precisare le competenze a tutti i livelli di governo” e
“garantire una migliore gestione dei fondi dell’Ue
con un’azione risoluta di miglioramento della capacità di
amministrazione, della trasparenza, della
valutazione e del controllo di qualità a
livello regionale, specialmente nelle regioni del
Mezzogiorno”. Ma il prerequisito è ridurre la
corruzione che “continua a incidere pesantemente
sul sistema produttivo dell’Italia e sulla fiducia nella
politica e nelle istituzioni”. Per questo occorre anche
“potenziare ulteriormente l’efficacia delle
misure anticorruzione,
in particolare rivedendo l’istituto della
prescrizione entro la fine del 2014 e rafforzando i
poteri dell’Autorità nazionale anticorruzione”. Ogni
riferimento al caso Expo è puramente
casuale e arriva proprio mentre si attende il decreto
ad hoc, mirato soprattutto a dare all’authority e al suo
presidente Raffaele Cantone pieni poteri
per vigilare sugli appalti dell’Esposizione Universale di
Milano. Bisogna poi
“monitorare tempestivamente gli effetti delle riforme
adottate per aumentare l’efficienza della giustizia
civile, con l’obiettivo di garantirne l’efficacia,
e attuare interventi complementari, ove necessari”.
PIU’ VIGILANZA SU BANCHE POPOLARI E
FONDAZIONI - Ce n’è
anche per le banche, e in questa fase non poteva essere
altrimenti. Sotto osservazione i prestiti dalla riscossione
incerta e, più in generale, il governo societario, sia degli
istituti sia delle fondazioni che ne detengono quote. Va
garantita “la capacità di gestire e liquidare le attività
deteriorate per rinvigorire l’erogazione di prestiti
all’economia reale“. Ma “gli interventi attuati
finora in materia di accesso ai finanziamenti sono stati
principalmente imperniati su misure di agevolazione
dell’accesso delle imprese al credito”. Mentre ora va
promosso anche “l’accesso delle imprese, soprattutto di
quelle di piccole e medie dimensioni, ai
finanziamenti non bancari“. Poi un nuovo
ammonimento sull’attuazione effettiva delle regole: ”Benché
siano lodevoli le iniziative relative al settore del governo
societario delle banche, tra cui i nuovi principi
recentemente stabiliti dalla Banca d’Italia,
l’impatto di questi ultimi dipenderà dalle banche che
dovranno applicarli correttamente e dal fatto che vengano
effettivamente fatti rispettare”. Occorre
“continuare a promuovere e monitorare pratiche efficienti di
governo societario in tutto il settore bancario, con
particolare attenzione alle grandi banche cooperative (banche
popolari) e alle fondazioni, al
fine di migliorare l’efficacia dell’intermediazione
finanziaria”.
LIMITARE LA CASSA INTEGRAZIONE -
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, Bruxelles invita
il governo a “valutare gli effetti delle riforme” su salari,
creazione di posti, procedure di licenziamento e dicotomia
tra garantiti e precari. E a considerare, se sarà il caso,
l’opportunità di varare “ulteriori interventi”. Gran parte
del paragrafo, però, si concentra su chi il lavoro l’ha
perso o non lo trova. Sul primo fronte le parole d’ordine
sono “piena tutela sociale
dei disoccupati”. Per garantirla occorre limitare l’uso
della cassa integrazione guadagni “per
facilitare la riallocazione della manodopera”, “rafforzare
il legame tra le politiche del mercato del lavoro
attive e passive, a partire dalla presentazione di una
tabella di marcia dettagliata degli
interventi entro settembre 2014″ e “potenziare il
coordinamento e l’efficienza dei servizi pubblici
per l’impiego“.
Quanto a chi
sul mercato del lavoro deve entrarci, bisogna “intervenire
concretamente per aumentare il tasso di occupazione
femminile, adottando entro marzo 2015 misure che
riducano i disincentivi fiscali al lavoro delle persone che
costituiscono la seconda fonte di reddito familiare, e
fornire adeguati servizi di assistenza e custodia”, “fornire
in tutto il Paese servizi idonei ai giovani
non iscritti alle liste dei servizi pubblici per l’impiego
ed esigere un impegno più forte da parte del settore privato
a offrire apprendistati e tirocini
di qualità entro la fine del 2014, in conformità agli
obiettivi della Garanzia per i giovani”.
TROPPA SPESA
SOCIALE PER GLI ANZIANI -
Dagli esami della Commissione è emerso che tra
pensioni, sanità e assistenza la spesa sociale in
Italia è “tuttora destinata in gran parte agli
anziani“. E non riesce a “contenere i rischi di
esclusione sociale e di povertà”. Per rimediare è necessario
estendere gradualmente “il regime pilota di
assistenza sociale, assicurando un’assegnazione
mirata, una condizionalità rigorosa e un’applicazione
uniforme su tutto il territorio”. Oltre a rafforzarne la
“correlazione con le misure di attivazione”. Infine vanno
migliorate l’efficacia dei regimi di sostegno alla famiglia
e la qualità dei servizi per i nuclei familiari a basso
reddito con figli.
LA SCUOLA, PIU’ ATTENZIONE AL CAPITALE UMANO -
La qualità dell’insegnamento e la dotazione
di capitale umano vanno migliorate “a tutti i livelli di
istruzione”. Per questo tra le raccomandazioni compare anche
la richiesta di ”rendere operativo il sistema nazionale per
la valutazione degli istituti scolastici per migliorare i
risultati della scuola e, di conseguenza, ridurre i tassi di
abbandono scolastico; accrescere
l’apprendimento basato sul lavoro negli istituti per
l’istruzione e la formazione professionale del ciclo
secondario superiore e rafforzare l’orientamento professione
nel ciclo terziario”. Dulcis in fundo, e i
ricercatori festeggeranno, bisogna “assicurare che i
finanziamenti pubblici premino in modo più congruo la
qualità dell’istruzione superiore e della ricerca”
e assegnare quelli destinati alle università “in funzione
dei risultati conseguiti nella ricerca e nell’insegnamento”.
POSTE, ASSICURAZIONI, BENZINAI E SERVIZI
PUBBLICI SENZA CONCORRENZA -
Occorre poi schiacciare l’acceleratore sulle semplificazioni
normative e “colmare le lacune attuative delle leggi in
vigore”, promuovere “l’apertura del mercato” e rimuovere
“gli ostacoli rimanenti e le restrizioni alla concorrenza
nei settori dei servizi professionali e dei servizi pubblici
locali, delle assicurazioni, della
distribuzione dei carburanti, del commercio
al dettaglio e dei servizi postali“. Le
prescrizioni sul fronte degli appalti pubblici
– tema quanto mai sensibile in tempi di nuove “cupole” e
giri di tangenti – si appuntano sull’efficienza da
“potenziare” e sulle procedure da “semplificare” sfruttando
le procedure informatiche, razionalizzando le
centrali d’acquisto e dando “garanzia della
corretta applicazione delle regole relative alle fasi
precedenti e successive all’aggiudicazione”. In materia
di servizi pubblici locali, infine, va
“applicata con rigore la normativa che impone di rettificare
entro il 31 dicembre 2014 i contratti che non ottemperano
alle disposizioni sugli affidamenti in house”.
BOCCIATE LE INFRASTRUTTURE, LA RETE E IL
RUOLO SCOMODO DELLE FERROVIE -
Nel capitolo infrastrutture c’è un evidente richiamo al
ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Maurizio
Lupi: “Garantire la pronta e piena operatività
dell’Autorità di regolazione dei trasporti entro settembre
2014″, prescrive il Consiglio. A dire il vero quella
Authority, nata sulla carta nel lontano 2011 ma varata di
fatto nel luglio 2013 (Lupi era allora ministro del governo
Letta), è attiva da gennaio. Ma per ora ha solo lanciato
“consultazioni” e avviato un giro di audizioni con aziende e
associazioni dei consumatori. Per di più, si legge nel
“documento di lavoro” della Commissione, “gran parte
dello staff previsto deve ancora essere
reclutato”. Da qui
l’invito a renderla davvero “operativa”, anche perché “è
importante che dia rapidamente la sua opinione sulla
separazione tra gestione dell’infrastruttura e
operazioni di trasporto nel settore ferroviario (il
riferimento è al ruolo di Ferrovie che sono al contempo
gestore e fruitore della rete del Paese, ndr) che
avrebbe dovuto consegnare già a giugno 2013″.
Sempre a
proposito di treni e ferrovie, all’interno del documento si
ricorda che “il settore presenta ancora importanti
debolezze. La lunghezza della rete rapportata al
numero di abitanti è tra le più basse dell’Unione mentre il
tasso di utilizzo è tra i più alti. A dispetto di
un tasso di investimento infrastrutturale
sopra la media Ue, in alcune regioni – in particolare al Sud
– rimangono colli di bottiglia. E la soddisfazione
dei consumatori è tra le più basse dell’Unione”.
Al punto 16 delle considerazioni preliminari c’è spazio
anche per i porti,
che “meritano particolare attenzione e interventi per
ovviare alla mancanza di infrastrutture intermodali e alla
carenza di sinergie e collegamenti con l’entroterra”. Infine
la banda larga:
“In termini di copertura in Italia ci sono zone non urbane
prive di sufficiente copertura”. Le “strozzature infrastrutturali”,
poi, ostacolano anche “il corretto funzionamento del mercato
dell’energia“.
La Ue sente infine il
bisogno di chiedere a Palazzo Chigi la piena attuazione
delle misure adottate: l’Italia è sempre stata lenta
e inadempiente non tanto nell’annunciare e magari
varare nuove norme, quanto nello scrivere i decreti
attuativi necessari per trasformarle in interventi
concreti. ”Resta cruciale per l’Italia l’attuazione rapida e
completa delle misure adottate, sia al fine di colmare le
carenze esistenti che al fine di evitare l’accumulo di
ulteriori ritardi”.