UFFICIALE,L'ITALIA DI NUOVO IN
RECESSIONE,6-08-14

E il dato Istat è peggiore delle previsioni:-0,2%
Nel gennaio del 2012 veniva
certificata la retrocessione in B nel rating. Da allora è stata una
corsa allo sprofondo con la tripla B con outlock negativo. Ora viene
ventilata l'ipotesi Troika ovvero l'intervento a piè pari di FMI-BCE.
Il 5 agosto 2011 l'Italia riceveva il papello Trichet-Draghi sulle
cose "obbligatoriamente" da fare per evitare il collasso generato
dalla manovra "balneare" del duo Berlusconi-Tremonti che scatenò
l'inferno sui mercati. l'8 novembre 2011 lo spread toccò 575...L’Italia
torna in recessione. Secondo la stima preliminare dell’Istat il Pil
è calato dello 0,2% nel secondo trimestre del 2014, dopo essersi
contratto di 0,1 punti percentuali anche nei primi tre mesi
dell’anno. Dopo due trimestri consecutivi di calo della produzione
economica si parla appunto di "recessione tecnica". Il Pil italiano
era tornato a crescere dello 0,1% nel quarto trimestre dello scorso
anno, dopo nove trimestri consecutivi di contrazione. Contrazione
dello 0,3% su base annua
Il verdetto temuto è arrivato: nel secondo trimestre il prodotto
interno lordo italiano è calato dello 0,2%. L’Italia, uscita dalla
recessione solo a fine 2013, in termini tecnici ci è già ripiombata.
Non solo: il dato ha addirittura
superato in negativo la parte più bassa della “forchetta” indicata
dall’Istituto nazionale di statistica a giugno, che era del -0,1%. La
“variazione acquisita” per il 2014, cioè quella che si otterrebbe se
di qui a fine anno non ci fossero variazioni, è pari al -0,3%. Non
si è salvato nessun settore: è peggiorato l’andamento
dell’industria, ma anche quello dei servizi e dell’agricoltura. E
nemmeno la domanda estera ha dato un contributo positivo. A questo
punto il tasso di crescita del Paese nel 2014 sarà nella migliore
delle ipotesi piatto. Stagnazione, insomma.
Il bonus di 80 euro, di cui solo martedì Matteo Renzi ha
rivendicato la bontà rispondendo alle critiche di Confcommercio,
non ha in effetti avuto alcun impatto positivo sui consumi e sulla
crescita. Lo spread tra i titoli di Stato italiani a dieci anni e
quelli tedeschi è subito schizzato a 167 punti base, contro i 160
dell’apertura, e la Borsa ha virato verso il rosso. Il Ftse Mib,
l’indice principale di Piazza Affari, pochi minuti dopo la notizia
lasciava sul terreno il 2,3%. Alle 11:30 la perdita aveva raggiunto
il 2,6%.
Palazzo Chigi e via XX Settembre si aspettavano un
dato negativo,
come fa intendere il ministro Pier Carlo Padoan
nell’intervista al Sole 24 Ore pubblicata
proprio nel giorno della diffusione dei dati Istat, ma non più basso
del -0,1%. “C’è una fase di uscita dalla recessione che è molto
faticosa perché la recessione è davvero profonda”, ammette il
ministro nel colloquio con il direttore del quotidiano. Che si apre
con l’irrituale richiesta di “scrivere a caratteri cubitali” che in
Italia “assolutamente” non arriva la Troika, spauracchio di queste
settimane di pessimi dati macroeconomici. Padoan martedì era atteso
in aula alla Camera per l’informativa sulla spending review,
appuntamento slittato a causa dell’ingorgo dei lavori parlamentari e
non ancora ricalendarizzato. Potrebbe slittare a settembre, in modo
da concedere a Padoan e al nuovo gruppo di consiglieri economici di
Matteo Renzi più tempo per
mettere a punto i tagli che andranno dettagliati nella
legge di Stabilità per il 2015.
Documento che entro novembre dovrà poi essere inviato a Bruxelles
per il via libera della Commissione.
Il passaggio, a questo punto, si preannuncia molto
complesso.
La Ue non ha accettato la richiesta di Roma di rimandare di un anno,
dal 2015 al 2016, il pareggio strutturale di bilancio.
E, con la crescita che non riparte, quest’anno il rapporto deficit/Pil
si attesterà per forza su un livello più alto rispetto a quel 2,6%
che il governo ha inserito, ormai cinque mesi fa, nel Documento di
economia e finanza. Padoan e Renzi continuano a ribadire che “non ci
sarà bisogno di una manovra aggiuntiva”. Ma, se può essere vero che
non sarà necessario correggere in corsa i conti pubblici per quest’anno,
nel 2015 una combinazione di tagli e tasse per un ammontare
complessivo vicino ai 20 miliardi di euro non potrà certo essere
evitata. Per di più con questi risultati per il premier diventa più
difficile rivendicare dalle istituzioni europee maggiore
flessibilità nel rispetto del Patto stabilità. Quella che, fino a
qualche mese fa, poteva essere presentata come una proposta super
partes per rilanciare la crescita dell’Unione diventa ora
pericolosamente simile alla richiesta di uno “sconto” sugli impegni
presi. E il quadro è aggravato dalla
portata del debito italiano, lievitato oltre i 2.120 miliardi di
euro.
L’anno prossimo entra in vigore il fiscal compact, cioè la regola
che impone di tagliare di un ventesimo all’anno la parte di
“zavorra” che eccede il 60% del prodotto. Roma è al 135,6%. E, con
il Pil nominale che cala, il valore è destinato a salire. In teoria,
se i nuovi paletti verranno rispettati in modo puntuale l’Italia
dovrà garantire l’anno prossimo un abbattimento del debito di oltre
10 miliardi.
Anche la produzione industriale, ha comunicato l’Istat, è calata
dello 0,4% rispetto ai tre mesi precedenti. Ancora peggio è andata a
maggio, quando la caduta è stata dell’1,2%. Giugno ha portato però
un’inversione di rotta facendo segnare un incremento dello 0,9% sul
mese prima.
Si tratta dell’incremento maggiore da
gennaio.
PERCHE'
LA RIFORMA DEL SENATO E' FANTASILANDIA??
PERCHE' LA MODIFICA
COSTITUZIONALE E' REGOLATA DALL'ARTICOLO 138 DELLA COSTITUZIONE CHE
prevede che le leggi di
revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali devono
essere approvate da ciascun ramo del
Parlamento con due distinte
deliberazioni, tra le quali devono intercorrere almeno tre mesi;
nella seconda deliberazione di ciascuna camera, per l'approvazione è
necessaria la
maggioranza assoluta . L'art. 71 della Costituzione esclude che
i progetti di legge costituzionale possano essere approvati dalle
commissioni parlamentari in sede deliberante.
La legge così approvata è
pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale prima della
promulgazione e, quindi, non entra ancora in vigore. Entro tre
mesi dalla pubblicazione, un quinto dei membri di una Camera,
cinquecentomila elettori o cinque
consigli regionali, possono chiedere che sia sottoposta a
referendum confermativo (cosiddetto
referendum costituzionale); la
legge è promulgata solo se è stata approvata dal
corpo elettorale con la maggioranza dei voti validi, nel caso
sia stata sottoposta a referendum, o se sono decorsi i tre mesi
dalla pubblicazione senza che il referendum sia stato richiesto.
Il referendum non può essere
chiesto se la legge è stata approvata nella seconda votazione da
ciascuna delle Camere con la
maggioranza qualificata di due terzi dei componenti; in tal
caso, quindi, la legge può essere immediatamente promulgata dal
Presidente della Repubblica.
A differenza del referendum
abrogativo, la Costituzione non richiede un
quorum,
ossia una quota minima di votanti sugli aventi diritto al voto, per
la validità del referendum costituzionale. Finora se ne sono tenuti
solo due:
- il 7 ottobre
2001,
concluso con l'approvazione della legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3, che modifica il Titolo V della Parte II della
Costituzione;
- il 25 e 26 giugno
2006,
concluso con la mancata approvazione di una proposta di legge
costituzionale volta a modificare la Parte II della Costituzione.
- SUBITO LA
CORSA DELL'EBETINO DA "GIROLARUOTA" SILVIO,IL PAPI DI OTTANT'ANNI....LA
PAROLA D'ORDINE E':ITALICUM!!
-
Italicum, la partita di Renzi è ancora lunga. Tra richieste di
Alfano e veti di Berlusconi
L'ex Cavaliere non vuole cedere più di
tanto nell'incontro che tra poche ore effettuerà il quarto
"tagliando" al patto del Nazareno. Mentre Alfano ha voluto vedere
il premier per mettere in fila le sue richieste (identiche a
quelle degli altri partitini di governo): su tutto l'abbassamento
delle soglie per le forze non coalizzate. Non si parlerà di
giustizia o televisioni, assicurano tutti. Ma qualcuno dentro
Forza Italia si lascia scappare: "Magari a Ferragosto si vedono e
discutono degli argomenti tabù".
Dopo una notte trascorsa con i fedelissimi, si
incontreranno. Anche se ancora non è stata definita l’ora, molto
probabilmente per “colazione” intorno alle 11, sarà il giorno
dell’incontro clou, quello che vedrà per la quarta volta uno di
fronte all’altro il presidente del Consiglio
Matteo Renzi e l’ex
Cavaliere Silvio Berlusconi.
Un incontro che farà il punto in particolare sulle modifiche all’Italicum,
la nuova legge elettorale approvata lo scorso 12 marzo in prima
lettura alla Camera. La partita più difficile sarà quella del capo
del governo. Da una parte ha Berlusconi che non ha alcuna
intenzione di accettare qualsiasi cosa gli proponga il Pd: anzi, a
Renzi la farà sudare e forse gli risponderà addirittura dopo le
vacanze. Dall’altra ha Alfano e gli altri partiti piccoli che
vanno sempre più in pressing e infatti il premier e il leader di
Ncd si sono visti poche ore prima del “Nazareno 4″. Tanto che
Nunzia De Girolamo ha
esultato definendola ormai un’intesa a tre.
Nessuna discussione sulle questioni economiche,
nessun suggerimento richiesto dal premier a Berlusconi in vista
dell’ormai annunciato autunno caldo, che per dirla con il
capogruppo a Montecitorio Renato
Brunetta costringerà l’esecutivo a una manovra correttiva
da 20-25 miliardi. Il vertice tra i due, riferisce al
fattoquotidiano.it una parlamentare forzista delle prime
linee, “avrà al centro soltanto la legge elettorale”. Non verterà
“sulle televisioni del Cavaliere, né tantomeno sulla giustizia, o
sull’appoggio esterno su cui tanto vi divertite a scrivere”. Tutto
congelato al momento, è l’ordine di scuderia che viene spifferato
dai quartier generali di Renzi e Berlusconi. Del resto, è il
ragionamento che si lascia scappare una parlamentare forzista,
“magari sotto Ferragosto, quando le luci della politica saranno
spente e gli italiani saranno al mare, i due si incontreranno e
discuteranno proprio di quegli argomenti tabù: la giustizia e le
televisioni”.
Domani sarà il giorno delle riforme
costituzionali, “dell’inizio di un cambiamento che abbiamo portato
avanti noi di Forza Italia e il Pd di Renzi”. Un cambiamento che
il duo “Bierre” (copyright Rino
Formica) vorrà completare con la riforma della legge
elettorale. Non importa, insomma, che oggi un partito come il Ncd
di Angelino Alfano, che
è pur sempre un membro autorevole del governo, abbia voluto
incontrare il premier per ragionare sulle modifiche da apportare
all’Italicum, chiedendo a gran voce che le soglie di sbarramento
siano del 2% per i coalizzati e del 4% per i non coalizzati.
Stando ad un parlamentare democratico, “era doveroso che Matteo
incontrasse Alfano, ma poi la mediazione si farà con Berlusconi”.
Già, Berlusconi. L’inquilino di Palazzo Grazioli,
stando ai renziani di primo rango, si è ritagliato “il ruolo di
padre nobile delle riforme, facendo dei passi in avanti”. Cedendo,
ad esempio, sulla reintroduzione
delle preferenze al netto dei capilista che saranno
bloccati. Eppure l’ex Cavaliere non intende cedere più di tanto
sulle soglie di sbarramento che dal 4,5% potranno passare al
massimo 4% per i coalizzati, e dall’8% al 6% per i non coalizzati.
Un diktat che si mette di traverso rispetto alle richieste del
ministro dell’Interno. L’obiettivo di Berlusconi, infatti, sembra
essere quello di evitare che Angelino Alfano e i micro partitini
centristi (Per l’Italia,
l’Udc) possano andare da
soli. E che possano poi trattare separatamente con il
centrosinistra, applicando la
politica dei due forni di democristiana memoria. “O
dentro, o fuori: o si alleano con noi, o resteranno fuori dal
parlamento”, è una delle affermazione che ripete con più
insistenza in queste ore Berlusconi ai suoi. Un’affermazione che
l’ex premier ripeterà senza nascondersi al presidente del
Consiglio. Non prima, però – assicurano dentro Forza Italia – di
sussurargli all’orecchio: “Se la situazione economica dovesse
peggiorare potremo andare insieme alle prossime elezioni e
proporre al Paese un governo istituzionale”. Con premier “Matteo”
e padre nobile “Silvio”. Fantapolitica?