Berlusconi: ‘Non m’importa un
cazzo del Senato, accordo con Renzi è su Italicum e giustizia’
L'ex Cavaliere parla a cena con i suoi in un
ristorante nel centro di Roma e conferma che nel patto segreto del
Nazareno c'è la riforma del sistema giudiziario sulla quale sta
lavorando il "tavolo Ghedini". Altro punto è l'accordo sul prossimo
presidente della Repubblica
I ncipit:
“Ma cosa volete che m’importi del Senato, quella è una cosa di
Renzi, io il patto del Nazareno l’ho fatto per la
giustizia e la legge elettorale. Se non c’è l’Italicum con i
nominati io come vi riporto alla Camera?”. Risata generale di
sollievo, anche un po’ ruffiana. Così parlò Silvio Berlusconi a
tavola, l’altra sera in un ristorante nel centro di Roma. Dal
Condannato l’ennesima conferma che nel patto segreto del Nazareno
c’è anche la riforma della giustizia da fare insieme al Pd di Matteo
Renzi. È il terzo decisivo step previsto da un testo scritto
e firmato dai due contraenti, lo Spregiudicato “Matteo” e
il Pregiudicato “Silvio”.
Sceneggiata al ristorante
contro le “maldicenze”. Da buona
napoletana del popolo, di Fuorigrotta per la precisione, il
quartiere dello stadio San Paolo, Francesca Pascale
ha organizzato mercoledì sera una sceneggiata in piena regola per
smentire le tante e vere voci sui suoi continui litigi con il
“fidanzato” malato di satiriasi. Un classico della tradizione del
sud. L’ostentazione in pubblico per sopire e troncare le
“maldicenze”. A dare l’ ultima scossa al traballante rapporto di
coppia, dopo le anticipazioni del Fatto, è stata una trasmissione
radiofonica di Radio24, La Zanzara, che ha
riferito di una “rottura certa”. Di qui l’esigenza di mettere in
moto la propaganda del nuovo pink tank berlusconiano (in origine fu
Alfonso Signorini) con a capo la stessa Pascale e la Badante
Mariarosaria Rossi, sua corregionale. Le due, di solito,
s’improvvisano pure detective, modello Sherlock Holmes &
dottor Watson, per individuare e cacciare la talpa.
“Che volete m’importi di
Palazzo Madama”. Stavolta a finire
nella lista nera, per le ultime indiscrezioni, è il medico personale
di B., il professore Alberto Zangrillo, altra
vittima illustre del cerchio magico che circonda il Condannato e che
conta, oltre le due detective, il barboncino Dudù e il consigliere
pacioccone Giovanni Toti. A tavola i due “fidanzatini” e la Badante
non erano soli. Con loro un piccolo corteo formato da: l’ex ministra
Mariastella Gelmini, l’ex deputata Melania Rizzoli, i senatori Maria
Rizzotti e Andrea Mandelli, il già citato Toti. E proprio quest’ultimo
ha dato la stura a un lungo monologo del Condannato che via via è
diventato una vera apologia del renzismo. Ha obiettato Toti:
“Presidente così Renzi non lo fermiamo più. Sta occupando tutto,
mettendo i suoi in ogni posto…”. B. lo ha stoppato e ha iniziato
questa analisi che il Fatto riporta in maniera testuale: “Renzi
è un fuoriclasse, un grande comunicatore , è determinato, è
cattivo. Con me ha preso degli impegni precisi. A me del Senato non
importa nulla, lui si è impegnato con me sull’Italicum e sulla
giustizia. E a me questo interessa. Sulla giustizia faremo insieme
quello che io da solo non sono riuscito a fare. In ogni caso
lo staneremo in autunno, sull’economia. Renzi non ha
alternative a una manovra complessiva da trenta miliardi euro, Dove
li prende i soldi? Deve mettere per forza le mani nelle tasche degli
italiani, vedrete ci sarà il prelievo forzoso sui conti correnti”.
Il “tavolo Ghedini” e le
trattativa globale. Sulla giustizia,
il patto del Nazareno avrebbe da tempo insediato un tavolo
“riservato” in merito. Dentro Forza Italia lo chiamano “il tavolo
Ghedini”, dal nome del legale di Berlusconi che ha storicamente in
mano i dossier più sensibili in materia. Ed è da questo tavolo che è
nata un mese fa la voce di un tandem Ghedini-Violante
per la Consulta, di nomina parlamentare e bipartisan. L’ipotesi è
tramontata e adesso il nome su cui puntano gli azzurri è quello di
Donato Bruno, senatore di origine previtiana. Un
altro punto del patto prevede infine la condivisione del prossimo
presidente della Repubblica: nel 2015 quando probabilmente
Napolitano lascerà, alla fine del semestre europeo a guida italiana.Un
berlusconiano “nazareno” la mette così: “L’accordo è su una donna.
Il diritto di scelta è di Renzi poi toccherà a Berlusconi
rispondere”. Di qui le voci circolate negli ultimi tempi su
Roberta Pinotti, ministro della Difesa di matrice diessina
ma diventata renziana di strettissima osservanza.
La minaccia del voto.
Gli sms di Renzi a Romani. Sul caos del Senato,
nonostante le drammatiche evoluzioni, Berlusconi a tavola non si è
dato molto pensiero: “Vedrete che la riforma passerà perché nessuno
vuole andare alle elezioni anticipate”. In realtà, qualche
preoccupazione in Forza Italia c’è. Ieri Denis Verdini, ultrà
renzusconiano e custode del patto, ha messo in giro una voce per
drammatizzare i toni: “Matteo quando è andato al Quirinale aveva la
lettera di dimissioni in tasca”. E lo stesso premier ha reiterato le
minacce con un sms duro a Paolo Romani, capogruppo di Forza Italia a
Palazzo Madama: “O ci appoggiate o andiamo al voto”. Riuscirà il
patto a circumnavigare l’abolizione di Palazza Madama? Un
anti-renziano come Renato Brunetta traduce l’ira
del premier come un azzardo: “L’arma del voto è spuntata perché
Napolitano non scioglierà mai le Camere adesso”. La verità è che la
“ciccia” per gli azzurri sta nella tenuta prossima dell’Italicum. È
lì che la partita rischia di complicarsi.
Il divieto di espatrio: no
a Provenza (e Sardegna). Per il
Condannato sarà un’estate lungo l’asse Roma-Milano-Cesano Boscone.
Con i servizi sociali da svolgere, all’ex Cavaliere è stato
rinnovato il divieto di espatrio (voleva andare in Provenza da una
figlia). No anche a un soggiorno nella reggia di Villa La Certosa,
in Sardegna, altra storica location del bunga bunga. Berlusconi si
dividerà tra Palazzo Grazioli e Arcore, blindato e ingabbiato dal
cerchio magico. Quanto durerà? L’unico motivo di sollievo è il patto
con Renzi, più forte dopo l’assoluzione per Ruby. Ieri si è concesso
finanche un colloquio con Raffaele Fitto, a capo
dell’opposizione interna di FI. Gli ha detto no su tutto: primarie e
organizzazione del partito. Ma se non altro i due si sono parlati
dopo tanto tempo. C’è chi si accontenta di poco.
"Il diritto all'oblio va contro la storia". Vallanzasca tra
Google e Wikipedia
La richiesta: il mio
nome non sia legato alle pagine sul bandito E Mountain View la
accontenta. L'enciclopedia: immorale
IL
DIRITTO all'oblio contro il diritto all'informazione. A
sollevare l'ultima polemica nella diatriba tra chi desidera
vedere cancellato il proprio nome dai motori di ricerca e chi,
invece, ricostruisce sul web la biografia di personaggi della
storia e della cronaca, sono stati quelli di Wikipedia. Sul
sito della Wikimedia Foundation, che gestisce l'enciclopedia
online, sono state pubblicate le notifiche con cui Google ha
fatto sapere di avere oscurato alcuni link a Wikipedia su
determinate ricerche.
Senza svelare il nome dei richiedenti, il colosso di Mountain
View ha spiegato come per rispetto alla sentenza della Corte
di giustizia europea che garantisce il diritto all'oblio (a
seguito della quale Google ha ricevuto oltre 90mila domande di
rimozione), almeno cinquanta pagine dell'enciclopedia hanno
già subito questo trattamento. Quarantasei appartengono alla
Wikipedia olandese: tra queste compare più volte il nome del
giocatore di scacchi Guido den Broeder, una riguarda la voce
in inglese su Gerry Hutch, irlandese incarcerato negli anni
80, mentre una pagina rimanda a una fotografia del musicista
Tom Carstairs che suona la chitarra. Due segnalazioni
riguardano anche pagine italiane: quella del gangster milanese
Renato Vallanzasca e quella della sua banda, la banda della
Comasina.
Come spiegato nelle notifiche, la decisione di Google non ha
comportato la scomparsa di queste pagine dal motore di
ricerca: i cinquanta link sono "oscurati" solo quando l'utente
inserisce il nome della persona che ha chiesto la rimozione.
Le voci wikipediane, infatti, rimangono vive e vegete oltre ad
essere ancora raggiungibili tramite il motore di ricerca, ad
esempio utilizzando altre parole chiave che non contengano il
nome di chi non vuole più essere associato alla storia, nella
fattispecie, del bandito. Nel caso italiano, a inviare la
richiesta non è stato Vallanzasca (così hanno spiegato i suoi
avvocati, e in effetti digitando il nome del gangster il primo
risultato è proprio quello di Wikipedia), ma più probabilmente
qualcuno che non vuole essere associato alle vicende di quegli
anni. Sul nome, però, da Google mantengono il più stretto
riserbo, anche perché altrimenti sarebbe violato il diritti
alla privacy dell'individuo secondo la decisione della Corte.
Dalla Wikimedia Foundation lanciano un allarme per la difesa
della libertà della rete. "I risultati di ricerca accurati
stanno scomparendo dall'Europa - ha dichiarato Lila Tretikov,
informatica di origini russe e direttore esecutivo della
fondazione - senza nessuna spiegazione pubblica, nessuna
prova reale, nessun controllo giurisdizionale e nessun
processo d'appello. Il risultato è un luogo in cui le
informazioni scomode semplicemente scompaiono". Parole a cui
ha fatto eco Jimmy Wales, fondatore di Wikipedia, durante la
conferenza annuale Wikimania che si è svolta a Londra: "La
storia è un diritto umano. Io sto sotto i riflettori da un bel
po' di tempo, alcune persone dicono di me cose belle e altre
cose brutte. Ma questa è storia e non userei
mai un procedimento legale come questo per cercare di
nascondere la verità. Credo che ciò sia profondamente
immorale".
Anche Google aveva mostrato tutta la sua contrarietà alla
decisione della Corte europea per bocca di David Drummond,
chief legal officer dell'azienda californiana: "Non siamo
d'accordo con la sentenza, è un po' come dire che un libro può
stare in una biblioteca, ma non può essere incluso nel suo
catalogo. Ovviamente, però, rispettiamo l'autorità della Corte
e facciamo del nostro meglio per attenerci alle sue
decisioni".

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