2015-2016: Lazio- Sparta Praga 0-3, fuori anche l'ultima
italiana. Il massacro è terminato, non accadeva dal
2001.
E’
finita, stop, amen. Basta Calcio. La situazione più
paradossale e più emblematica della liquefazione del
calcio italiano, se vogliamo, è proprio quella della
Lazio: che ha cominciato dalla Champions League,
eliminata dal Bayer Leverkusen in estate, e si è
fermata tra le sedici dell’Europa League, eliminata
dallo Sparta Praga, squadra non propriamente di
fenomeni e che finora non aveva mai vinto una
partita in Italia. In un “discendendo” rossiniano
culminato in questo cupo e inquietante gesto di
autolesionismo: stadio semivuoto e in attesa di
squalifica per razzismo dei suoi tifosi, squadra
allo sbando, pubblico in aperta rottura con la
società. Dicevano tutti, a giustificazione del
campionato assai misero e quasi senza traguardi
ormai raggiungibili, che in fin dei conti la Lazio
di Lotito e Pioli, di Candreva e Biglia, di Anderson
e Klose, avesse comunque una vocazione europea e che
la sua stagione in Europa League potesse almeno in
parte compensare tanto grigiore. Ma siccome non è
evidentemente così e non esistono due Lazio,
rimontare tre gol è apparso subito impossibile -
non è mica il Bayern Monaco - e il funerale del
calcio italiano si è dunque celebrato addirittura a
partita ancora in corso.
Se Roma e Juventus hanno la giustificazione di
essersi imbattute nel Real Madrid e nel Bayern
Monaco, la Lazio no. Aveva un avversario considerato
facile e salutato addirittura con occhiolini,
sorrisini e gomitatine al momento del sorteggio. Ma
i nomi degli sconosciuti Dockal, Krejci e Julis, se
li ricorderà per un pezzo, assai più dei Manchester
United, Liverpool o Borussia Dortmund che ha
evitato. E anzi a questo punto sarebbe stato assai
più dignitoso farsi sbattere fuori da una superbig:
nessuno avrebbe potuto dire niente. Così è diverso,
l'umiliazione non è quasi sopportabile.
Siamo fuori da tutto, nemmeno un club italiano
superstite. A metà marzo abbiamo lasciato sul campo
Juve, Roma, Lazio, Napoli, e Fiorentina. Le due di
Milano, un tempo roccaforte del calcio italiano,
nemmeno ci sono arrivate alle Coppe e arrancano pure
quest’anno. Sembrava un anno in cui potessimo fare
qualche punto e sperare addirittura di recuperare un
posto in più nelle Coppe. Niente di tutto questo,
segnali di progresso illusori e fasulli. Perdiamo
parecchi punti. Ad alto livello (Champions League)
sentiamo la mancanza di qualche campione, più in
basso (Europa League) facciamo anche colossali
errori di valutazione, preparazione, programmazione.
Non lottiamo per risalire, per rifarci un’immagine,
non facciamo squadra. Gli italiani si gufano
reciprocamente e godono meschinamente delle
eliminazioni altrui.
L’Italia non ha mai capito lo spirito dell’Europa
League, è talmente presuntuosa da pensare di poter
vincere le partite con un piede solo e un braccio
legato dietro. E infatti ne viene sbattuta
regolarmente fuori. Continuo a pensare che la Lazio
non abbia giocatori così tanto inferiori a quelli
dello Sparta Praga. Non abbiamo grandi squadre, ma
abbiamo anche smarrito totalmente, purtroppo, l’arte
di arrangiarsi e anche la sola arte di difendersi.
E’ capitato a Pioli con la Lazio, ma pure a Sarri
col Napoli e a Sousa con la Fiorentina. Prima di
guadagnarvi la patente di guru in Italia, pensate
sempre cosa avete ottenuto in Europa.
Vista raramente tanta desertificazione, non accadeva
da 15 anni: proprio vero che il clima sta cambiando.