Pacific Rim
Da una breccia inter-dimensionale creatasi nel profondo dell'Oceano
Pacifico emergono i kaiju, mostri alieni giganteschi, con il solo
scopo di cancellare l'umanità dalla faccia della Terra. Al fine di
sopravvivere, le varie nazioni uniscono le proprie forze, cercando
di contrastare l'invasione con il progetto Jaeger, che consiste
nella creazione di enormi robot in grado di combattere ad armi quasi
pari i terribili invasori; a comandarli due piloti, le cui menti
vengono connesse da un ponte neuronale. Dopo aver perso il proprio
fratello e co-pilota in un conflitto e aver lavorato alla
costruzione di una muraglia di difesa, Raleigh Becket sembra essere
l'ultima risorsa per sventare una vera apocalisse.

A cinque anni da Hellboy:
The Golden Army,
Guillermo Del Toro torna alla regia con un film smisurato almeno
come le battaglie che mette in scena. Eccessivo, rutilante, perfetto
per i nostalgici di un certo tipo di fantascienza - il genere
"mostri giganti contro robot giganti" - che arriva fino a Neon
Genesis Evangelion e
oltre, Pacific Rim offre due ore di intrattenimento a colpi di
scontri e immagini titaniche, di paesaggi devastati e
prevedibilissimi percorsi di riscatto. Eppure sotto al rumore,
l'autore di Il
labirinto del fauno si
sente, ben al di là dell'enfasi emotiva di cui sono imbevute molte
situazioni e di un meccanismo narrativo che non riserva alcun tipo
di sorpresa.

Anche in un blockbuster in piena regola come questo si avverte, infatti, il
desiderio di sprofondare nella fascinazione per il meraviglioso, nella sfida
all'ordinario, nella stilizzazione propria del fumetto. Riscrittura del
genere kaijū eiga portata avanti con spirito appassionato, il soggetto di
Travis Beacham fila liscio su binari prestabiliti, senza deviazioni o
imprevisti, innalzandosi dalla propria intrinseca medietà grazie ad un
occhio più attento a ciò che accade intorno ai pur pregevolissimi
combattimenti tra mostri e robot: non tanto nelle dinamiche e nello sviluppo
dei personaggi, quasi tutti monodimensionali in realtà, ma nell'inusuale
attenzione all'aspetto dato a un pianeta in ginocchio, in cui le città sono
cumuli di macerie tra rifugi e postriboli nei quali i resti dei kaiju sono
oggetto di un organizzatissimo mercato nero; tra i personaggi più memorabili
spicca proprio Hannibal Chau, trafficante di organi alieni cui presta il
volto Ron Perlman, attore caro al regista sin dai tempi di Cronos. Quelli
che potrebbero sembrare i maggiori difetti del titolo, l'alternarsi tra
ignizioni di testosterone e massicce dosi di retorica (mai patriottica,
piuttosto sentimentale, di genere potremmo dire), sono in parte ribaltati da
una maturità di fondo assente in simili prodotti: la spiegazione della
venuta dell'apocalisse, di fatto, inchioda l'uomo ai suoi stessi
comportamenti, a una diffusa mancanza di saggezza. E non è poco. Nella mente
del cineasta messicano, che firma la sceneggiatura insieme a Beacham, il
progetto a lungo inseguito di una riduzione del lovecraftiano "Le montagne
della follia" ha comunque sedimentato.

Marco Chiani per MyMovies
