Bonus 80 euro: calcolare gli effetti con cura
La manovra cerca di coniugare la
necessità di dare uno stimolo alla domanda e allo stesso tempo alleggerire il
settore pubblico. Ma il bonus da 80 euro è lo strumento
giusto per realizzare l’obiettivo? Si possono già calcolarne gli effetti sui
consumi. Ed è un esercizio da ripetere per altre misure.
di Luigi Guiso (Fonte:
lavoce.info)
Le incertezze del bonus
Nella nuova manovra illustrata dal
Governo, la parte del leone sul versante delle entrate la giocano la
spending review e i tagli di spesa a essa associati, che dovrebbero
procurare il 42 per cento del risultato. Sul versante delle uscite, la parte
notevole sono i 9,5 miliardi del bonus da 80 euro che il Governo conferma per
il futuro prossimo, lasciando intendere che sarà così anche nel futuro
remoto. Messa così, la manovra si caratterizza come un tentativo di tagliare
in modo stabile le imposte finanziandole cospicuamente con tagli di spesa (e
in parte in disavanzo dato lo stato della congiuntura). Avevo già espresso nel
passato un giudizio positivo su questa impostazione, ma parecchie riserve
sulla sua realizzazione. L’impostazione è valida perché cerca di coniugare in
uno dei pochi modi possibili la necessità di dare uno stimolo alla domanda
(tagliando le imposte) e al contempo alleggerire il settore pubblico che
assorbe ingenti risorse.
La realizzazione è stata tutt’altro che impeccabile, per almeno due ragioni.
Primo, sul bonus fiscale da 80 euro si
è finora tentennato sulla sua natura permanente o transitoria, con
dichiarazioni contraddittorie in cui, da un lato, si rassicura che si tratta
di una misura permanente, dall’altra la si condiziona alla
disponibilità di risorse. Non è un dettaglio da poco. Se lo scopo,
come si dice (e deve essere), è quello di fornire un sostegno alla domanda,
iniettare incertezza sulla permanenza della misura equivale ad affossarne
l’efficacia. Una buona idea che rischia (o ha rischiato) di essere bruciata in
partenza. Secondo, e non indipendente dal primo punto, il piano dei tagli di
spesa è lontano dall’essere chiaro e l’impegno del Governo a realizzarli tutt’altro
che irrevocabile.
L’allontanamento di Carlo Cottarelli, commissario alla
spending review, ne ha minato ulteriormente la credibilità. Ma così si
pregiudica anche la credibilità della permanenza del bonus. Con la manovra, il
Governo sembra recuperare in parte queste deficienze. Ma rimangono parecchie
incertezze, di cui la principale è l’efficacia delle misure.
Effetto sui consumi: come
calcolarlo
Che effetto hanno sui consumi
gli 80 euro? Se l’effetto è minuscolo, l’intera manovra, anche se finanziata
in parte in disavanzo, può avere effetti recessivi a causa dei tagli di spesa.
Data la posta in gioco una risposta a questa domanda è cruciale. Finora nei
media ha prevalso l’opinione che il taglio delle imposte sui redditi delle
famiglie non ha avuto effetti di rilievo sui consumi. Questa conclusione si
basa sull’osservazione che l’economia è entrata nella sua terza
recessione e che la dinamica dei consumi non brilla. Ma questa non è
evidenza che gli 80 euro non hanno avuto effetto: potrebbero averlo avuto e
grazie a questo aver evitato all’Italia una recessione ancora peggiore. Per
appurare se la politica del Governo funziona o meno occorre, come ha sostenuto
lo stesso Matteo Renzi non troppo tempo fa, un serio studio.
Finora non è stato fatto, nonostante i
dati per condurlo esistano: sono quelli dell’indagine mensile sui consumi
condotta dall’Istat, ma a nessuno è venuto in mente di usarli per gettare luce
su questo controverso e cruciale argomento. A costo di annoiare il lettore,
illustro come si può appurare se gli 80 euro di bonus abbiano alimentato la
spesa e di quanto. L’indagine viene condotta mensilmente ed è ora disponibile
fino a settembre. L’effetto degli 80 euro dovrebbe essere osservabile a
partire dal mese di maggio quando è stato introdotto. Si può procedere così.
1. Si identificano le famiglie
beneficiarie tra quelle partecipanti all’indagine Istat sui consumi
incrociando l’indagine con i dati sui redditi degli individui di fonte
fiscale. Questo può essere fatto all’interno del Sistan (il Sistema statistico
nazionale che consente scambio e incroci di banche dati tra gli enti
partecipanti, tra cui ovviamente l’Istat). Questo permette di identificare
l’entità del bonus per ciascuna famiglia.
2. Nell’indagine sui consumi si identificano le famiglie beneficiarie con
reddito vicino al limite superiore per godere del bonus
(25mila euro per ciascun membro); ad esempio famiglie con un percettore con
reddito tra 23 e 25mila euro e le famiglie con due percettori con reddito tra
23 e 25mila euro. Diciamo famiglie A e B. Si identificano quindi famiglie
simili a queste, ma che non hanno goduto del bonus perché hanno un reddito
appena superiore alla soglia (ad esempio un solo percettore con reddito tra
25mila e 27mila euro e due percettori con reddito ciascuno all’interno di
questa banda).
3. Per ciascuna famiglia beneficiaria all’interno dei due gruppi A e B si
calcola la variazione dei consumi nei cinque mesi successivi
all’adozione del bonus rispetto ai cinque mesi precedenti e si calcola la
variazione media delle famiglie A e B. Si fa lo stesso per ciascuna famiglia
non beneficiaria all’interno delle due tipologie A e B prendendo poi la
variazione media delle famiglie A e B. Le famiglie beneficiarie del tipo A
sono del tutto comparabili a quelle del tipo A non beneficiarie, salvo il
fatto che le prime percepiscono il bonus e le seconde no. Lo stesso vale per
le famiglie tipo B.
4. La differenza nella variazione media dei consumi tra le famiglie
beneficiarie degli 80 euro e quelle non beneficiarie di ciascun gruppo misura
l’effetto della politica di Renzi su ciascun gruppo. Se ad
esempio la differenza è 200 euro per la tipologia A, e hanno ricevuto 400 euro
di bonus nei cinque mesi, la metà sono stati spesi.
5. Un simile calcolo può essere fatto comparando la variazione dei consumi dei
beneficiari sopra la soglia inferiore con quella dei non beneficiari che
stanno al di sotto della soglia.
Di norma la sensibilità dei consumi a
un taglio di imposta è maggiore tra i redditi bassi. Si può
poi calcolare l’effetto per le famiglie con livelli di reddito compresi tra la
soglia minima e massima per beneficiare del bonus interpolando i due effetti e
quindi calcolare quello sul consumo aggregato. Ci sono diversi dettagli
tecnici da rispettare, qualche ipotesi da fare, ma non è un calcolo complesso.
Poiché i dati non sono pubblici, il calcolo può essere fatto solo dall’ente
che vi ha accesso, ovvero l’Istat, possibilmente in collaborazione con i
ricercatori della Banca d’Italia.
Una obiezione che è stata sollevata è
che può essere troppo presto per vedere gli effetti del bonus, ma non ha
grande fondamento. Diversamente dagli investimenti, le spese per consumi,
almeno per i non durevoli, non comportano significativi costi di
aggiustamento, per cui gli effetti di uno stimolo fiscale dovrebbero essere
visibili immediatamente. In
un lavoro del 2011, Jonathan A. Parker e altri autori mostrano che negli Stati
Uniti la risposta allo stimolo fiscale del 2008 è avvenuta nello stesso
trimestre in cui i consumatori ricevettero i pagamenti, con un effetto
anche sui consumi durevoli. In ogni caso, si può sempre ripetere l’esercizio
mano mano che i dati delle nuove indagini si accumulano. Inoltre, l’esercizio
di valutazione potrà essere esteso ad altre misure introdotte nella legge
finanziaria, come l’anticipo del Tfr o la (esclusione dalla)
decontribuzione per lavoratori che avevano contratti a tempo indeterminato ad
agosto 2014 o dopo.
Nella recente
audizione in parlamento il presidente dell’Istat ha
presentato cifre molto interessanti sugli effetti distributivi del bonus
fiscale. Può dare un enorme contributo al dibattito facendo calcolare
l’impatto di queste misure sulla spesa. E con pragmatismo si vada avanti su
questo programma se i numeri danno ragione al Governo o altrimenti si cambi
rotta o si tarino meglio le politiche.
Bio dell’autore
Luigi Guiso è professore di Economia
allo European University Institute, Firenze. Ha lavorato come economista per
molti anni al Servizio Studi della Banca d’Italia occupandosi di
macroeconomia, politica economica e analisi della congiuntura. E’ fellow del
CEPR e direttore del Finance Program, e fellows del Luigi Einaudi Institute
for Economics and Finance. Gli interessi correnti di studio e di ricerca
vertono sui campi dell’economia finanziaria, delle scelte finanziarie delle
famiglie, della macroeconomia, dei legami tra economia e istituzioni. temi
recenti di ricerca includono l’effetto della cultura sull’economia e le
origini del capitale sociale. Redattore de lavoce.info.
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