INTERNOTIZIE |
. I grandi vertici internazionali
sembrano sempre inutili. Del G20 che si è appena concluso in
Australia resteranno soltanto le foto dei leader mondiali con i koala?
Per rispondere
bisogna andare alle origini del formato G20: una volta c’era soltanto il
G7 (le prime sette economie del mondo), dopo la fine della
Guerra fredda è stato esteso alla Russia che adesso
è di nuovo mezza fuori per colpa dell’invasione in Ucraina. Il
G20 nasce da un’idea dell’allora presidente americano George W. Bush,
nel novembre 2008 che convoca a Washington le prime venti economie del mondo
per stabilire una risposta comune alla crisi finanziaria mondiale (esasperata
proprio dalla decisione di Bush di lasciar fallire la banca Lehman
Brothers, due mesi prima). “Molto di quanto è stato fatto in seguito
in materia di regolazione finanziaria si deve
al G20, che ha avuto anche il senso di sancire un
passaggio da una governance internazionale ristretta ai Paesi ricchi a una che
riconoscesse la presenza di nuovi protagonisti”, spiega Ferdinando
Nelli Feroci, appena tornato a dirigere l’Istituto Affari
Internazionali dopo alcuni mesi da commissario europeo a Bruxelles. Il
G20 ha dato la linea al Financial Stability Board di capire
come cambiare la finanza: nel 2008 era guidato da Mario Draghi
e l’investitura del G20 ha contribuito a portarlo poi alla Bce. L’attuale
combinazione di rigore fiscale, stretta nella
vigilanza bancaria e politiche monetarie espansive trova legittimità
(anche) nelle decisioni di quei primi G20 a Washington e poi in Gran Bretagna,
a Pittsburgh. In quello, celebre, del novembre 2011 a Cannes le pressioni di
Francia, Germania e Stati Uniti contribuirono in modo decisivo alle dimissioni
di Giorgios Papandreou in Grecia e Silvio Berlusconi in
Italia.
Passata l’emergenza
sui mercati finanziari, il G20 è ora in cerca di un nuovo senso.
Antonio Villafranca, ricercatore dell’Istituto studi di
politica internazionale, alla vigilia del summit australiano scriveva che “i
leader del G20 dovrebbero stabilire delle priorità tra i loro obiettivi e
riconoscere che la loro principale missione è accrescere
il potenziale
di crescita dell’economia mondiale, garantendo la sostenibilità nel lungo
periodo”. E in effetti il comunicato finale del G20 va in quella direzione:
fissa l’obiettivo “molto ambizioso” di generare
una crescita economica aggiuntiva del 2 per cento entro il 2018, un’analisi
del Fondo monetario internazionale e dell’Ocse indica che se
tutte gli impegni del G20 venissero rispettati si arriverebbe al 2,1. Ma
di concreto cosa c’è? Praticamente nulla, giusto la creazione di un
“Hub per le infrastrutture globali”, una specie di servizio di consulenza ai
governi che si impegneranno a costruire più infrastrutture di qualità come da
richiesta del G20. “È difficile dire con certezza se qualche membro del G20
abbia mai modificato le proprie politiche per ottenere una maggiore coerenza –
e dunque efficacia – con i partner”, ha notato l’ex vice direttore generale
del Fmi John Lipsky.
Visto che il G20
non ha alcuna struttura permanente, neppure un segretariato, e non ha poteri
esecutivi, tutto è demandato ai singoli governi. Lo scambio proposto nel 2008
dai Paesi del G8 era questo: gli emergenti in forte crescita, dalla Cina al
Brasile, contribuiscono a risolvere i guai degli americani e degli Stati
europei troppo indebitati e in cambio avranno più peso nelle decisioni
globali. In particolare attraverso una riforma delle “istituzioni
di Bretton
Woods”, la Banca mondiale e soprattutto il Fondo monetario internazionale, che
ancora rispecchiano gli equilibri di potenza usciti della Seconda guerra
mondiale.
Un paper
dell’economista australiano Mike Callaghan, uscito alla
vigilia del summit di Brisbane, aiuta a capire come stanno
davvero le cose: il Congresso degli Stati Uniti blocca da quattro anni la
riforma del Fmi che darebbe più potere alla Cina (due posti nel board dei
direttori andrebbero ai Paesi emergenti), l’India ha messo il veto sugli
accordi di liberalizzazione decisi a Bali nel 2013 dal Wto, l’organizzazione
mondiale del commercio, togliendo quindi ogni credibilità ai proclami del G20
in materia di aumento degli scambi internazionali. L’invasione dell’Ucraina da
parte della Russia e le conseguenti sanzioni non aiutano il clima,
tanto che il vertice è stato usato anche per tenere garbatamente sotto
pressione il presidente Vladimir Putin. E possono essere
credibili le promesse di lotta alla grande elusione fiscale internazionale
quando la Commissione europea è guidata dall’ex premier di un paradiso
fiscale, il lussemburghese Jean Claude Juncker? Nelle
relazioni internazionali più si parla, meno si spara. Ma il G20 sembra già
diventato l’ennesimo appuntamento per leader che passano più tempo a
incontrarsi che a governare.
La Banca centrale nipponica ha deciso
di ampliare l'obiettivo di espansione della base monetaria per
contrastare la scarsa inflazione e ridare slancio all'economia. Il
Nikkei (+4,8%) sale ai massimi da sette anni, crolla lo yen. Il
rendimento dei Btp decennali scende al 2,35%. Euro sotto 1,25
dollari, non accadeva dall'agosto 2012. Perdono terreno oro e
petrolio. Rally di Piazza Affari
MILANO
- Per una Banca centrale che azzera
gli stimoli straordinari all'economia,
come ha deciso di fare la Fed, ce n'è un'altra che a sorpresa
decide di aumentare il proprio intervento sul mercato. Si tratta
della Bank of Japan, che ha annunciato il primo
cambio di target di politica monetaria da quando, nell'aprile
dello scorso anno, il governo è passato nelle mani di Haruhiko
Kuroda con i programmi espansivi conseguenti. |
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