Risparmi di tre miliardi per il Tesoro. I mercati Ue
fiacchi dopo il nuovo calo dell'inflazione Ue. Continuano i ribassi del
petrolio dopo la scelta dell'Opec di non tagliare la produzione: pesante il
comparto energetico. In rosso Piazza Affari, l'Europa chiude in parità con
Wall Street che frena dopo il nuovo calo del Wti
MILANO
- Giornata nervosa sui mercati. Wall
Street, dopo aver raggiunto un nuovo massimo storico, con l'indice
Dow Jones a 17.828 mila punti, ha ingranato la retromarcia, in scia alle
quotazioni del petrolio: il Wti è sceso sotto ben sotto i 70 dollari al
barile, a quota 67,29 dollari, ai minimi degli ultimi quattro anni. Le
Borse europee hanno fatto appena in tempo a beneficiare della
fiammata in apertura di New York per chiudere il leggero rialzo, ma non
Milano. Mentre la piazza americana ha chiuso con l'indice principale piatto.
Sui mercati si rafforza la convinzione che la Banca centrale europea
intervenga sui mercati, attraverso l'acquisto massiccio di titoli e in
particolare di debito governativo, con l'effetto di comprimere i rendimenti
dei Btp italiani a livelli mai visti da quando è stata introdotta la moneta
unica. Dopo
le parole di Mario Draghi, che ha ricordato ancora una volta come i
tecnici dell'Eurotower stiano studiando le soluzioni per avviare il sostegno
straordinario, e il dato dell'inflazione tedesca ai minimi da cinque anni come
quella dell'Eurozona, gli investitori sembrano dar credito a un passo
ulteriore del governatore italiano nel giro di poco tempo, nonostante
la resistenza interna del falco tedesco Jens Weidmann. "Altro mese, altro
deterioramento del quadro dell'inflazione", commenta Luke Bartholomew di
Aberdeen secondo cui "la battaglia di Draghi per lanciare il quantitative
easing sembra a un passo dall'esser vinta".
Oggi lo spread tra Btp e Bund tedeschi, cioè il differenziale
tra il rendimento dei due titoli decennali, è tornato a 133 punti base,
livelli che si erano toccati nello scorso settembre. Ma è soprattutto il
rendimento espresso dai decennali italiani sul mercato secondario a
rappresentare una importante notizia per il Tesoro, con il minimo storico del
2,03%. Anche i Bonos spagnoli sono interessati da questa corsa agli acquisti:
ormai il loro rendimento è all'1,9%, anche in quel caso a livelli mai visti.
Il Mef -
che ha incassato il giudizio positivo dell'Ue sulla legge di Stabilità -
ha già colto il dividendo di questa situazione con le recenti aste di titoli
di Stato, che dopo un periodo di volatilità sono tornate a vedere scendere i
rendimenti. Ieri, il Tesoro ha piazzato 2 miliardi di decennali al 2,08% di
rendimento; nel corso del 2013, per intendersi, il rendimento medio ponderato
sui quasi 42 miliardi di Btp decennali emessi è stato del 4,38%.
Nel 2013, il tasso medio d'interesse dei titoli di Stato è risultato al 2,08%,
mentre il 2014
si dovrebbe chiudere all'1,38%. La stessa via Nazionale stima che una
riduzione di 100 punti base dei rendimenti corrisponda a un risparmio di circa
0,2 punti percentuali di Pil nel primo anno, di 0,4 nel secondo e di 0,5 nel
terzo. Significa che quest'anno si potrà avere un risparmio di circa 3
miliardi sull'anno scorso, e se l'anno prossimo si conferemassero i livelli
delle ultime aste, rispetto al 2013 si potrebbe incassare a spanne oltre sei
miliardi di risparmi. Già l'aggiornamento del Def d'autunno prevede una
discesa della spesa per interessi dal 4,7 al 4,5 del Pil nel 2015, sulla base
di uno scenario con spread a 150 punti base. Quest'anno, la spesa dovrebbe
chiudersi a 76,7 miliardi (dagli 82,6 miliardi stimati con il primo Documento
di economia e finanza).
Piazza Affari non segue l'euforia del comparto
obbligazionario e chiude in rosso (-0,43%) una settimana tutto sommato
positiva: era dallo scorso 3 ottobre che Milano non archiviava un'ottava sopra
quota 20mila punti. Deboli anche gli altri listini europei che, però, a fine
seduta hanno recuperato la parità: Londra archivia la
giornata invariata (+0,07%) come Francoforte (-0,03%), mentre
Parigi recupera lo 0,12%. Sono sempre i titoli del comparto
energetico a soffrire maggiormente, come
Eni
o
Saipem.
La ragione di questo andamento sta nella continua flessione del petrolio, dopo
il tonfo di ieri dovuto alla
decisione dell'Opec di non tagliare le quote di
produzione. Quando in Europa chiudono le contrattazioni, il petrolio
Wti a gennaio segna un calo di circa sei punti percentuali poco sotto quota 69
dollari al barile. Per il Brent si registra un andamento stabile ma sotto
quota 73 dollari al barile. L'oro spot lima lo 0,7% circa
sotto 1.185 dollari l'oncia (le
materie prime). L'euro chiude stabile a 1,2457 dollari
dopo l'arretramento di ieri. Lo yen torna a calare, scendendo a quota 118,69
sul dollaro e 147,77 sull'euro.
Come accennato, si aspettavano molte indicazioni importanti durante la
giornata. A cominciare dalla disoccupazione italiana, che torna a salire a
ottobre
a un nuovo record sopra il 13%, mentre
l'inflazione cala allo 0,3%. Nuovo calo a ottobre, intanto, per le spese
al consumo delle famiglie francesi: flessione congiunturale dello 0,9% che
segue al calo dello 0,5% di settembre (dato rivisto dal -0,8%). Il risultato
di ottobre è peggiore delle attese degli analisti che indicavano un lieve
aumento dello 0,2 per cento. In Spagna, le vendite al dettaglio hanno mostrato
ad ottobre una crescita del 2,1% annuo.
In mattinata, si è chiusa una seduta in deciso rialzo per la Borsa di
Tokyo, sospinta in avanti dal calo dello yen che rafforza le
esportazioni nipponiche. Il Nikkei ha terminato gli scambi con un progresso
dell'1,23%, a 17.459 punti. Il tasso di disoccupazione giapponese
è sceso a ottobre di 0,1 punti al 3,5%. In numeri assoluti, i disoccupati
risultano pari a 2,33 milioni (2,34 milioni se il numero viene rettificato per
le variazioni stagionali). L'inflazione invece rallenta a ottobre e si
allontana dal target prefissato del 2%. I prezzi al consumo core, con
l'esclusione dell'impatto dell'aumento dell'Iva, frenano allo 0,9% annuale.