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  INTERNOTIZIE

 

Forza Italia Puglia Commissariata, alleanza in Campania con lo schiavo e salta il banco con la Lega. Fitto pronto a prendersi il partito in macerie dopo il cappotto: 0-7 !!! (Lombardia,Lazio,Piemonte,Sicilia,Emilia Romagna, Sardegna e Calabria sono già andate al voto)

La grande disgregazione è iniziata: “Qua crolla tutto, non teniamo più assieme il partito. Non teniamo più assieme nulla. Le regionali saranno un bagno di sangue. I giudici si preparano a una nuova esecuzione”. Chi ha parlato con Berlusconi stamattina lascia trapelare l’ansia da incubo. Politico. Giudiziario. Un combinato disposto che rischia di essere fatale. Perché per la prima volta di fronte ai tribunali l’ex premier si presenta con dietro di sé un partito allo sbando. Gli episodi accadono ormai ad horas. A partire dal capogruppo al Senato Paolo Romani che si scaglia su Repubblica contro il capogruppo alla Camera: “Nel documento che Brunetta ha portato al Quirinale si leggono espressioni sbagliate. Non è stato votato e condiviso dai gruppi parlamentari”.

Ma soprattutto la Puglia pare una Vandea. Dopo che Berlusconi ha spedito l’ex senatore Luigi Vitali a commissariare il partito in Puglia si sono dimessi in massa i nove coordinatori locali del partito. Tutti. Gente con ventimila preferenze: “Il commissariamento – si legge nella nota congiunta - è un grave errore. Rimettiamo il nostro mandato, rassegnando dunque le dimissioni dai rispettivi incarichi”. Non era mai successo nella storia di Forza Italia un episodio del genere. Raffaele Fitto ci va giù durissimo contro Berlusconi, in un’intervista a Repubblica Tv: “La situazione è un po’ paradossale. Aver avuto ragione viene considerato il principale torto. Ora che abbiamo avuto ragione, parte un tentativo di epurazione”.

Già, epurazioni, dimissioni di massa. Nel paradosso c’è pure che Berlusconi ha provato a capire se ha in mano gli strumenti per “cacciare” Raffaele Fitto: espulsioni, sospensioni, provvedimenti disciplinari. Ma pure lo statuto è “farlocco”, mai ratificato da un congresso. E allora ha spedito un commissario in Puglia. È solo un capitolo, l’ennesimo, di un gioco al massacro. Perché, fanno notare i ribelli, senza Fitto Berlusconi ha messo la firma sula sconfitta elettorale. Non che con Fitto fosse certa la vittoria: “Ma – spiegano – Raffele è uno che faceva le liste di Forza Italia e organizzava liste civiche che prendevano il 15 per cento. Ora vuole fare Berlusconi? Faccia. Ma se perde, perde lui, non Raffaele”. È presumibile, a sentire gli umori, che a questo punto “Raffaele” non accenderà i motori in campagna elettorale, per poi tentare una marcia sule maceria di Forza Italia il minuto dopo.

Le macerie sembrano annunciate. Forza Italia rischia il cappotto: sette a zero. Secondo l’ultimo sondaggio piombato sulla scrivania di Arcore in Veneto, complice la popolarità di Zaia e il crollo del “sistema Mose”, gli azzurri sono sotto il dieci. E l’alleanza con la Lega non è affatto scontata dopo che, due giorni fa, Berlusconi ha chiuso l’accordo con Alfano in Campania. Il che compromette tutto. Perché l’aut aut di Salvini è inscalfibile: “O noi o Alfano”. E a questo punto sta organizzando le sue liste anche nel sud, a partire appunto dalla Campania: “C’è la fila” raccontano i leghisti a lavoro sull’operazione. Per la nuova Lega del Sud si offre parecchio ceto politico anche azzurro che sente l’odore della fine di un epoca. Ecco, se va bene Berlusconi perde sei a uno, se va male sette a zero. Ed è in questo clima che Fitto prepara l’ennesima resa dei conti. Mentre i mediatori tentano nuovi contatti con Renzi. Sia Gianni Letta sia Denis Verdini nei giorni scorsi hanno avuto abboccamenti con Lorenzo Guerini e Luca Lotti, ma non hanno sortito grandi effetti perché Berlusconi ha scelto lo spartito belligerante con palazzo Chigi. Tanto che nel palazzo si rincorrono le voci di un possibile approdo di Verdini al misto, voci che quelli attorno all’interessato smentiscono.

È questo l’esercito che Berlusconi ha dietro le spalle in vista dell’assalto finale delle procure. Ad oggi in pochi marcerebbero come due anni fa sulla procura di Milano. E sale ad Arcore il livello di paura: “Si sono rimessi in moto, vogliono farmi fuori”. L’ex premier è “terrorizzato” per le ultime mosse attorno al processo Ruby. Perché sul Ruby ter le perquisizioni alle olgettine hanno prodotto una “svolta”. Sono cioè stati acquisiti elementi che dimostrano che Berlusconi avrebbe continuato a pagare le ragazze per paura che dicessero la verità. È una svolta che investe il Ruby ter dove rischia, tra un mese, il rinvio a giudizio per corruzione in atti giudiziari. Ma anche il Ruby 1. Perché se è così – e cioè che le ragazze sono state pagate per mentire – allora il Ruby 1 è falsato nelle testimonianze e nelle prove. Eccolo l’incubo di queste ore. Questa questione di legittimità arriva all’attenzione della Cassazione che, proprio sul Ruby 1, si pronuncerà il 10 marzo. La paura degli avvocati di Berlusconi è che, alla fine, l’Alta corte possa optare per il rinvio in Appello del processo. Altro che libertà riconquistata il 9 marzo, con la fine dei servizi sociali.

 

 

 

 

 

400 milioni in arrivo per Fininvest dopo la rottura del Nazareno

Il Nazareno è morto, il momento è propizio per vendere. Fininvest, la holding della famiglia Berlusconi, collocherà circa 92 milioni di azioni di Mediaset, pari al 7,79% del capitale, scendendo al 33,4% della controllata. Una mossa che non gli farà perdere il controllo, restando azionista di riferimento del Biscione. Ma l'obiettivo è capitalizzare, fare cassa. Con l'attuale valore in Borsa delle azioni Mediaset, che varia tra 4,06 euro e i 4,262 euro del prezzo di chiusura odierno, l'incasso per la famiglia di Arcore a questi valori si aggira tra i 373 e i 392 milioni di euro.

Il collocamento delle azioni avverrà attraverso una procedura di 'accelerated book building'. Un'operazione veloce, quindi, ma che comporterà uno sconto massimo del 4,7% sul prezzo di chiusura. Poco male, vista la crescita esponenziale del valore delle azioni Mediaset da due anni a questa parte. Cioè quando sono nate le larghe intese del governo guidato da Enrico Letta: a quei tempi, un'azione valeva sul mercato 1,9 euro, oggi quasi il triplo.

La risalita è stata graduale ed è culminata con la stipula del Patto del Nazareno: a febbraio 2014 le azioni valevano 4,2 euro. Come oggi, grossomodo. Se si tiene conto che la partecipazione nella tv di Cologno è in carico a 1,09 euro, la plusvalenza lorda per Fininvest potrebbe toccare, con questa operazione, la punta massima di 290 milioni. Ora che il Patto del Nazareno è morto (o comunque moribondo), l'occasione, quella giusta, per cedere quote consistenti della partecipazione in Mediaset potrebbe non presentarsi più. Non a questi prezzi di favore.

D'altro canto per il Cav, oltre alle valutazioni politiche, ci sono quelle economiche da fare. Come il fisiologico calo degli incassi derivanti da Publitalia: come ricordava il Fatto qualche giorno fa, solo nel 2007 Publitalia '80 incassava 3 miliardi di euro, ora arriva a stento a due. Un'emorragia continua nei conti di casa Berlusconi. E che non si può sottovalutare. Basti pensare che l'ultima volta che il Cav ha ceduto parte delle azioni del Biscione risale a 10 anni fa. Come ricorda Repubblica, "nell'aprile 2005, all'indomani di una sonora sconfitta alle elezioni regionali, Fininvest, che allora deteneva direttamente e indirettamente il 50,99% di Mediaset, aveva avviato il collocamento di 197 milioni di titoli ordinari Mediaset, pari a circa il 16,68% del capitale sociale".

La motivazione ufficiale della Holding è che la liquidità consentirà di "proseguire nel rafforzamento della struttura finanziaria e patrimoniale della società e di agevolare eventuali investimenti in un'ottica di diversificazione del portafoglio azionario". Ovvero, fare cassa per poi reinvestire in nuove attività imprenditoriali. Oppure per rimpinguare un po' le casse di Fininvest, certamente poco floride in questi ultimi anni.Si tratta infatti di una indispensabile boccata d’ossigeno per la finanziaria, i cui conti a fine 2013 evidenziavano un rosso di 428,4 milioni dopo quello di 285 milioni di fine 2012. A zavorrare il bilancio, oltre alla sentenza sul Lodo Mondadori, anche svalutazioni e oneri di ristrutturazione.

La decisione di cedere parte dell'azionariato arriva dopo l'indiscrezione di Dagospia, prontamente smentita dall'interessato, di possibili dimissioni di Fedele Confalonieri dalla presidenza di Mediaset. "Fantasie", le ha bollate. Eppure è noto come il Fedele compagno di Berlusconi abbia sempre criticato la scelta del leader di Forza Italia di andare allo scontro frontale con il premier Matteo Renzi, soprattutto in un periodo in cui il suo partito ha superato il Pd per divisioni interne e voci di scissioni. Uno scontro da cui Mediaset avrebbe ben poco da guadagnare.

ULTRAS E CALCIO MARCIO

 

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