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Grecia, “banche chiuse per una settimana”. Tsipras: “Colpa della Bce”

La decisione è arrivata dopo che l'Eurotower ha congelato la liquidità di emergenza che tiene a galla gli istituti di credito. Dopo la riapertura saranno imposti limiti stringenti ai prelievi: 60 euro a persona. Lunedì ferma anche la Borsa di Atene. Angela Merkel e Barack Obama: "Fare ogni sforzo per tornare su un sentiero che permetta alla Grecia di riprendere le riforme e la crescita all'interno dell'Eurozona"

Il governo greco guidato da Alexis Tsipras ha deciso che la Borsa di Atene oggi, lunedì, resta chiusa. E le banche non riapriranno i battenti per almeno una settimana. Obiettivo, evitare il collasso finanziario dopo la convocazione per il 5 luglio di un referendum sull’austerity e la rottura dei negoziati con i creditori. “Le azioni della Banca centrale europea hanno spinto la Banca di Grecia a raccomandare la chiusura per domani delle banche del Paese e controlli sui capitali”, ha accusato Tsipras dopo la riunione del Consiglio per la stabilità finanziaria, in cui siedono il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, il suo vice Dimitris Mardas e il governatore della Bank of Greece Yiannis Stournaras.

In effetti la decisione era quasi obbligata visto che domenica pomeriggio la Bce ha congelato la liquidità di emergenza a disposizione degli istituti al livello fissato venerdì, 89 miliardi di euro. Un tetto che, a fronte della sempre più frenetica corsa agli sportelli dei greci, lunedì non consentirà di rifornire i bancomat di contante. Solo sabato sono stati ritirati altri 700 milioni di liquidità agli istituti, che hanno visto i propri depositi calare a 120 miliardi, 30 in meno rispetto allo scorso dicembre quando Syriza ha vinto le elezioni. Dopo aver ribadito che “le recenti decisioni dell’Eurogruppo e della Bce hanno l’obiettivo di cercare di soffocare le volontà del popolo greco”, Tsipras via Twitter ha tentato di rassicurare i connazionali e evitare il panico scrivendo che “i depositi bancari sono totalmente sicuri” così come “i pagamenti di stipendi e pensioni” e “nei prossimi giorni serve pazienza e compostezza“. “L’unica cosa di cui dobbiamo aver paura è la paura stessa”, ha concluso citando Franklin Delano Roosevelt.

Gli istituti, salvo ripensamenti, dovrebbero essere riaperti martedì 7 luglio. Il Consiglio ha raccomandato che i prelievi siano limitati a soli 60 euro a persona, con l’eccezione dei possessori di bancomat stranieri. A Cipro, durante il crac finanziario del 2013, le banche sono rimaste chiuse per due settimane e in seguito sono stati mantenuti per molto tempo tetti ai prelievi. In quel caso però la cifra massima era ben più alta, 300 euro giornalieri.

Lunedì un’altra riunione della Bce - Il presidente dell’Eurotower, Mario Draghi, nel comunicato diffuso dopo la riunione del board aveva sottolineato di voler “continuare a lavorare a stretto contatto con la Banca di Grecia”. Che però con il governo Tsipras è ai ferri corti da quando ha lanciato l’allarme sul rischio che Atene, in seguito all’eventuale default, debba lasciare anche l’Unione europea. Il consiglio della Bce peraltro “è pronto a rivedere la decisione” di confermare i fondi alle banche, che dallo scorso febbraio non hanno accesso ai finanziamenti ordinari, e “monitorerà da vicino la situazione e le potenziali implicazioni per la politica monetaria”. Un’altra riunione è prevista già lunedì. Martedì, poi, la Grecia non sarà in grado di ripagare la rata di rimborso da 1,6 miliardi al Fondo monetario internazionale. A quel punto l’Eurotower potrebbe decidere di tagliare (con una mossa nota in gergo come haircut) il valore attribuito ai titoli che le banche presentano come garanzia dei finanziamenti. Cosa che equivarrebbe a tagliare loro i viveri.

Varoufakis: “Se Eurozona non garantisce funzionamento delle banche nega suoi principi” - In un’intervista a Bbc radio, in mattinata, Varoufakis aveva detto che “un’unione monetaria deve fare tutto quello che serve per far sì che i depositi bancari restino accessibili per i cittadini e al tempo stesso consentire agli elettori di deliberare ed esprimersi su fondamentali cambiamenti di politiche”. Come quelli, si intende, previsti dal piano di riforme che secondo la ex troika il Paese dovrebbe mettere in campo a fronte dell’esborso di 15 miliardi di euro. Se non riesce a garantire il funzionamento delle banche, ha continuato l’economista, l’Eurozona “costituisce una negazione dei suoi principi“.

Proteste anti austerità davanti al Parlamento – Diverse centinaia di persone si sono radunate davanti al Parlamento greco, ad Atene, per protestare contro le misure di austerità chieste dell’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale e su cui i greci dovranno pronunciarsi domenica prossima. Le contestazioni sono iniziate con una dimostrazione davanti agli uffici della Commissione Ue nella capitale greca. Sul posto sono stati diffusi volantini con le scritte “La dracma è meglio della sottomissione”.

Merkel e Obama: “Fare ogni sforzo per tenere Atene nell’Eurozona” - Intanto Varoufakis, nonostante Angela Merkel sembri aver abdicato al ruolo da pontiere che ha interpretato nelle ultime settimane, continua a guardare a Berlino: il ministro ha detto alla tedesca Bild che “i capi del governo dell’Ue devono agire e tra loro il cancelliere tedesco Merkel detiene, in quanto rappresentante del Paese più importante, la chiave per la soluzione. Spero che la utilizzerà”. La Cancelliera però appare indebolita. Non è un caso se ha invitato i leader di tutti i principali partiti tedeschi a riunirsi lunedì per un meeting di emergenza sulla Grecia nella sede della cancelleria. Molti analisti ritengono probabile che, anche nel caso Atene scenda a più miti consigli fuori tempo massimo, il Bundestag faccia resistenza all’approvazione del piano di aiuti. E senza il via libera del Parlamento di Berlino, elargire nuovi fondi alla Grecia sarebbe impossibile.

Nel pomeriggio Merkel ha parlato al telefono con il presidente statunitense Barack Obama e la Casa Bianca ha diffuso una nota congiunta in cui i due leader definiscono “di notevole importanza fare ogni sforzo per tornare su un sentiero che permetta alla Grecia di riprendere le riforme e la crescita all’interno dell’Eurozona“. Intanto Parigi si prepara al peggio: il presidente francese François Hollande ha convocato per lunedì un Consiglio dei ministri per analizzare la situazione. Vi prenderanno parte, oltre al primo ministro Manuel Valls, anche i responsabili degli Esteri e delle Finanze.

 

Crisi greca, cosa può succedere ora: dal rischio speculazione al default controllato

Dalle varie cancellerie europee e da Bruxelles arrivano segnali tranquillizzanti. Ma quello che accadrà in concreto nessuno può davvero saperlo perché mai, prima d'ora, un Paese dell'Eurozona si era trovato nelle condizioni di dover dichiarare fallimento. E soprattutto nessuno è in grado di prevedere cosa accadrà a partire da lunedì sui mercati

La situazione è inedita e preoccupante: dopo mesi di estenuanti trattative si è arrivati alla rottura con la Grecia. Un esito peraltro già scritto, visto che i creditori, e in particolare l’Eurogruppo, hanno sempre rifiutato di discutere il vero nodo della questione che è politico prima ancora che economico: la ristrutturazione del debito e la fine dell’austerity che in questi anni di crisi ha acuito la recessione tarpando le ali a ogni politica volta a stimolare la crescita. Austerity che ha dei costi sociali elevatissimi per le classi medie e per le fasce più deboli della popolazione europea, ma che non c’è verso di modificare a causa dell’intransigenza dei cosiddetti “falchi”.

Falchi miopi, perché le loro pretese e i loro veti anziché rafforzare la costruzione europea rischiano di farla crollare. Ma tant’è: la Grecia ha bollato come inaccettabili le condizioni poste dall’Eurogruppo, ha deciso di sottoporre a referendum la firma dell’accordo e ha chiesto il prolungamento di qualche giorno del programma di aiuti per poter appunto arrivare al voto popolare. L’Europa accusa la Grecia di aver fatto saltare il negoziato e ha deciso di non concedere alcuna proroga al piano di aiuti. Risultato: Atene non potrà onorare la tranche di debito in scadenza il 30 giugno e sarà in default.

Cosa accadrà a questo punto e quali ripercussioni ci saranno nel resto d’Europa? Dalle varie cancellerie europee e da Bruxelles arrivano segnali tranquillizzanti, lo stesso ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan getta acqua sul fuoco, sostiene che l’Italia è immune da contagio perché l’economia “si è molto rafforzata” e segnala che la Bce ha tutti gli strumenti per intervenire e che, se necessario, interverrà con tutto il suo peso. Si parla di default “controllato” che altro non vuol dire – almeno in una prima fase - il blocco dei capitali e la chiusura delle banche greche almeno per qualche giorno, nel tentativo di preservare un minimo di stabilità finanziaria e impedire una drammatica corsa agli sportelli. Ma quello che succederà in concreto nessuno può davvero saperlo perché mai, prima d’ora, un Paese dell’Eurozona si era trovato nelle condizioni di dover dichiarare fallimento. E soprattutto nessuno è in grado di prevedere cosa accadrà a partire da lunedì sui mercati.

L’EUROPA HA MOLTI MEZZI, MA IL SISTEMA E’ FRAGILE - Oggi le condizioni sono molto diverse da quelle del 1992, quando un attacco speculativo costrinse Italia e Gran Bretagna a uscire dallo Sme, il Sistema monetario europeo. Ora abbiamo l’euro e un’unica banca centrale che ha molti mezzi e, soprattutto, una forte credibilità. Tuttavia il sistema è fragile: da un lato in Europa vi sono forti divisioni politiche e, dall’altro, la crisi ha ulteriormente ampliato il divario tra le differenti economie, portando anche Paesi come la Francia nell’area “debole” che include Italia, Spagna, Portogallo. In questo contesto, il default greco e l’ormai prossima uscita di Atene dall’euro possono portare i mercati a scommettere tout court sulla disgregazione dell’Eurozona, tanto più che anche Cipro si trova ormai sull’orlo del fallimento. Ad acuire la minaccia speculativa e a rendere potenzialmente più ricco il bottino vi è anche un fattore tecnico: l’enorme massa di liquidità e il livello artificialmente basso dei tassi d’interesse dovuti al quantitative easing della Bce, impegnata appunto ad acquistare titoli dalle banche nello sforzo di immettere liquidità nel sistema per cercare di far ripartire l’economia. Poche settimane fa qualcuno aveva definito come “occasione del secolo” i tassi d’interesse negativi dei titoli di Stato tedeschi e subito sul mercato erano scattate le vendite determinando un’improvvisa risalita degli stessi tassi d’interesse. Un movimento di mercato, ma anche un segnale. Il default greco può essere a sua volta considerato “un’occasione del secolo“?

LA MINACCIA DELLA SPECULAZIONE FINANZIARIA SULL’ITALIA - Se la risposta è sì, assisteremo a una bufera finanziaria senza precedenti e – per quante munizioni abbia la Bce – anche in uno scenario “morbido” (cioè con la speculazione costretta a battere in ritirata), il rischio concreto è quello di veder vanificata in un attimo ogni possibilità di ripresa economica. I Paesi più deboli e indebitati, come l’Italia, tornerebbero inesorabilmente in recessione con conti pubblici drasticamente peggiorati anche a causa dell’aumento dello spread. Uno scenario più aggressivo, per quanto riguarda l’Italia, potrebbe riportare lo spread ai livelli dell’autunno 2011 (vigilia delle dimissioni del governo Berlusconi e dell’insediamento di Mario Monti) o anche oltre, creando enormi problemi di stabilità finanziaria e portando di fatto il Paese in una situazione pre-fallimentare.

E L’USCITA PILOTATA DI ATENE DALL’EURO - Se invece i mercati valutassero il default della Grecia come un qualcosa che non è destinato a mettere in discussione l’euro, allora avrebbero ragione i demiurghi di Bruxelles che valutano possibile far fallire un Paese dell’Eurozona mantenendolo nell’euro per poi magari pilotarne l’uscita in un modo non eccessivamente traumatico. Lo stesso Fmi, secondo quanto dichiarato dal suo portavoce, potrebbe decidere di non chiedere ad Atene il pagamento della rata da 1,6 miliardi, ma limitarsi alla messa in mora concedendo di fatto ancora qualche settimana di tempo alla Grecia che il 5 luglio, piaccia o no, si esprimerà sulla firma del piano dei creditori con un referendum carico di significati politici in un momento di fortissima tensione. E’ abbastanza evidente che – a Paese ormai in default – un’adesione referendaria al piano della ex Troika equivarrebbe a una resa senza condizioni ai creditori che poi andrà gestita. Chi la gestirà? Che responsabilità anche politiche intende assumersi l’Europa?

LA TERZA VIA PORTA A MOSCA E PECHINO - L’altra strada che si apre, in caso di vittoria del fronte contrario all’austerity, è quella di un rapido ritorno alla dracma e di relazioni più strette con Russia e Cina. Insomma, comunque vada, per l’Europa è un disastro e per l’Italia – attacchi speculativi o meno – la strada si fa sempre più in salita.

 

Grecia, Tsipras spariglia: “Ultimatum?
Decida il popolo, referendum il 5 luglio”
Ad Atene è di nuovo corsa ai bancomat