Morte di Marco
Pantani, “fu omicidio”. La Procura di Rimini riapre l’indagine
A quanto riportano La Repubblica e Gazzetta
dello Sport a dare impulso alla riapertura del caso sarebbe stata la
perizia medico legale eseguita per conto della famiglia, nella quale
si evidenziano le numerose ferite sul corpo. L'avvocato dei Pantani
ha ricostruito una scenario nuovo di quel 14 febbraio 2004. Il
campione romagnolo avrebbe aperto la porta al suo assassino
(assassini) che dopo una lite avrebbe fatto bere cocaina disciolta
in acqua al ciclista
“Marco Pantani fu ucciso”.
A dieci anni dalla morte avvenuta il 14 febbraio 2004 la
procura di Rimini ha riaperto l’indagine sulla morte del
Pirata. A quanto riportano La Repubblica e Gazzetta
dello Sport a dare impulso alla riapertura del caso sarebbe
stata la perizia medico legale eseguita per conto della famiglia dal
professor Francesco Maria Avato in cui si evidenzia come “le ferite
sul corpo di Marco Pantani – scrive La Repubblica – non
sono autoprocurate, ma opera di terzi”. Pantani dunque non morì per
un’overdose, ma venne ucciso, secondo la ricostruzione dei legali. Per La
Gazzetta, il ciclista sarebbe
stato picchiato da due uomini, a cui Pantani avrebbe aperto la porta
del bilocale D5 del residence Le Rose di Rimini, e costretto a
bere la cocaina.
L’ipotesi spiegherebbe le grandi quantità di stupefacenti che furono
trovate nel corpo del campione romagnolo.
Ma come si è arrivati a questa svolta a oltre
dieci anni dalla morte? Mamma Tonina non ha mai creduto che Marco
fosse stato ucciso da un’overdose, e per questo si è sempre battuta
per far riaprire il caso. E negli ultimi nove mesi l’avvocato della
famiglia Antonio De Rensis ha raccolto una serie di
contraddizioni e anomalie, studiando i faldoni sia delle indagini,
sia quelli relativi al processo. La settimana scorsa è stato
presentato l’esposto a Rimini chiedendo di riaprire il caso per
“omicidio e alterazione del cadavere e dei luoghi”. Richiesta
accolta dalla procura riminese, che ha aperto un fascicolo per
omicidio volontario a carico di ignoti, affidato dal
procuratore capo Paolo Giovagnoli al sostituto
procuratore Elisa Milocco.
Come riporta La Gazzetta, nella
ricostruzione dell’avvocato De Rensis “Pantani avrebbe aperto la
porta al suo assassino (o agli assassini), lo conosceva, forse si
fidava. Ma presto la situazione sarebbe diventata incontrollabile.
Per ben due volte il romagnolo chiama la reception, chiedendo
addirittura l’intervento dei carabinieri (un doppio Sos prima
ignorato e poi sottovalutato), circostanza appurata anche 10 anni
fa. La lite verbale sarebbe presto degenerata, sfociando in
un’aggressione. Pantani potrebbe essere rimasto ferito in più punti
del corpo, prima di soccombere”. L’assassino avrebbe sciolto una
dose mortale di cocaina nell’acqua contenuta in una bottiglia e
gliel’avrebbe fatta bere con un bicchiere, poi avrebbe alterato la
scena per coprire l’omicidio. La bottiglia resta nella stanza ma non
è mai stata analizzata, e non furono nemmeno prese tutte le impronte
digitali.
Alla notizia della riapertura delle indagini Davide
Cassani, ct della nazionale azzurra
di ciclismo, commenta all’Adnkronos: “Credo che soprattutto per la
famiglia sia importante capire cosa è realmente successo. Conoscere
la verità fa bene a tutte le persone che vogliono bene a Marco
Pantani”. “Sarebbe bello conoscere la verità su quanto accaduto –
continua Cassani – se è diversa rispetto a quella che ci hanno
raccontato in questi 10 anni. Ho letto i giornali, se la procura ha
riaperto il caso vuol dire che ci sono delle basi su cui
approfondire”.